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In mezzo scorreva l’Adigetto

Sì, sappiamo che sembra quasi un quiz, ma una città nasconde molti più segreti e storie di quelle che ci si aspetta.
Il passato sopravvive in tante forme: nei modi, nei nomi e nei luoghi.

Che Verona sia una città d’acqua è arcinoto.
Ma prima della costruzione dei muraglioni a partire dal 1885, i ponti non erano solo una prerogativa dell’Adige.
Vi ricordate che vi abbiamo parlato dell’Adigetto? Un rio secondario che all’altezza di Castelvecchio si staccava dal corso principale e costeggiando le mura comunali della Cittadella tornava nel fiume all’altezza di Ponte Aleardi?
Bene. Il cosiddetto rio-fiol era attraversato da ponti che permettevano il transito da dentro e fuori le mura comunali. Ora sappiamo che le porte odierne della Cittadella portano a altre strade, ma in Via Marconi, la toponomastica indica un Ponte Daniele Manin che non porta da nessuna parte, perché la via è dritta e asfaltata.
La dicitura è tutto quello che resta di un vero ponte sull’Adigetto che qui scorreva (e infatti se osservate bene c’è una balaustra che da su un fossato vuoto  da una parte e su di una torre di guardia -seminascosta tra i palazzi- dall’altro).

Un altro indizio nascosto si trova nel fossato di Castelvecchio direzione Regaste San Zeno. Se vi sporgete nel fossato guardando a Corso Cavour noterete un arco murato. Quello era una delle due arcate del ponte sull’Adigetto. Che così facendo non solo isolava il Castello dal tessuto urbano, ma diventava il fossato stesso.

E passiamo alla curiosità numero 3.
L’Adige fino a un secolo fa era navigabile e l’economia che vi ruotava attorno era floridissima e richiedeva determinate strutture amministrative. Ecco la presenza di una Dogana d’Acqua che permettevano alle merci di scendere verso Venezia o risalire il fiume direzione Nord Europa. La primissima Dogana era situata sulla punta dell’Isolo, scomparsa con la costruzione dei muraglioni e l’interramento dell’Isolo. La Dogana Nuova invece sopravvive, anche se ora sede dell’Intendenza ai Monumenti.

La Dogana Nuova venne costruita nella zona Filippini a partire dal Seicento e nell’intenzione dell’amministrazione pubblica doveva dimostrare l’importanza e la ricchezza di Verona come snodo acquatico delle merci. Questo non piacque molto al Senato veneziano che interruppe i lavori per farli ricominciare ancora più imponenti sotto la sua direzione. In una parte della Dogana Nuova ha la sua sede il Club Canottaggio. Mai sede fu più appropriata.

Curiosità numero 4.
I nomi, dicevamo, conservano la memoria. Se guardate attentamente la cartina dei lungadigi vi accorgerete che due di essi portano ancora il nome di Riva. E sono Riva San Lorenzo e Riva Lungadige Battello.
A Riva San Lorenzo si trovava uno dei primi punti di carico/scarico merci lungo l’Adige, specialmente di lana e filati. Infatti Corte Sgarzerie era il luogo dove esporre le merci di questo tipo.

Lungadige Riva Battello invece era una sorta di piccolo porto da cui un traghetto collegava le sponde del Duomo alla Campagnola, ossia la zona incolta di sinistra Adige. Gli attuali Borgo Trento e Valdonega diventarono zona edificata solo ai primi del ‘900, quando, con la crescente industrializzazione, il Comune decise di costruire il “Quartiere Giardino”: un quartiere con strade larghe, viali alberati e abitazioni monofamiliari. In realtà qui si strasferì l’élite industriale che fece costruire le ville liberty di rappresentanza.

Sicché: l’acqua è scomparsa, interrata o incanalata. Ma per chi sa guardare i segni del suo passaggio ci sono ancora e raccontano una storia di chiatte e barcaioli.

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