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Studio la Città inaugurazione stagione espositiva 2019

Studio la Città inaugura la stagione espositiva 2019 con 3 mostre: Minima x Maxima di Hiroyuki MasuyamaMetropolis di Tracey Snelling e una mostra personale dell’artista cinese Pu Jie.

Hiroyuki Masuyama, visitabile a partire da sabato 23 febbraio 2019

All’interno del salone principale, l’artista propone una serie di lavori recenti, realizzati tra il 2011 e il 2018, esposti per la prima volta nella galleria veronese e tutti accomunati dalla ricerca su Spazio e Tempo: due concetti molto cari all’autore e che egli spesso tenta di fermare nelle sue opere, quasi a voler condensare su di un’unica super cie il macro e il microcosmo.

Da qui trae origine il titolo stesso della mostra, il cui fulcro è rappresentato da una grande opera che ben riassume la poetica di Masuyama: la grande lightbox Storm No. 1 / after Leonardo da Vinci.

Una lunghissima opera luminosa di 238 x 750 cm – presentata per la prima volta in galleria in occasione del cinquecentenario della morte del grande scienziato toscano – dove l’artista, sovrapponendo alla riproduzione dei disegni di Leonardo da Vinci, scatti fotograci più disparati (pietre, immagini di cascate, strutture di sabbia, riccioli di capelli ecc.) ricrea la barba del celebre genio rinascimentale. Lo spettatore, anche in questo caso, è immerso in maniera quasi meditativa nell’opera di un personaggio storico-artistico di fama mondiale, che qui – alla maniera surreale di Masuyama – viene trasformato e accresciuto a grandezza monumentale, in un lavoro che intende omaggiare l’ingegnere, l’artista visivo, nonché l’uomo che ebbe la pretesa universale di capire la Natura, interpretarne le manifestazioni e modellarla, attraverso l’esplorazione e l’intelligenza umana.

Oltre a quest’opera principale, saranno presenti in mostra anche fotografie e lightbox di dimensioni più contenute, tratte dalle serie: After Caspar David Friedrich e Google x 100.

La prima serie di opere prende ispirazione dal noto pittore tedesco oggi considerato il maggior esponente del Romanticismo. Molte delle opere di Friedrich consistono in diversi disegni realizzati in studio attraverso l’elaborazione di immagini del suo paesaggio ideale. Masuyama, circa 190 anni dopo, ha visitato personalmente i luoghi raf gurati nei dipinti e ha scattato delle foto nella stessa stagione e nelle medesime condizioni metereologiche di allora. Oggi, ogni opera di Masuyama è dunque composta da circa 300-500 fotografie assemblate al computer in studio, proprio alla stessa maniera di Friedrich ma con l’aiuto della tecnologia odierna.

L’ultima serie, il cui titolo trae origine dall’omonimo motore di ricerca, è costituita da diverse immagini raffiguranti corpi celesti (galassie, Sole, Luna, solo per citarne alcuni). La tecnica utilizzata è sempre quella della sovrapposizione, però questa volta non si tratta di foto scattate dall’artista, ma di 100 immagini del medesimo soggetto trovate utilizzando la funzione Google Images. Così Masuyama condensa in un’unica opera, 100 visioni simultanee.

Hiroyuki Masuyama è nato a Tsukuba, in Giappone nel 1968. Ha studiato storia dell’arte e musica presso l’università di Tokyo per poi trasferirsi in Germania, a Düsseldorf, dove ha frequentato l’accademia di belle arti e, successivamente, la Kunsthochschule für Medien di Colonia. Oggi vive e lavora a Düsseldorf.

Metropolis di Tracey Snelling
Metropolis di Tracey Snelling

Metropolis di Tracey Snelling, visitabile a partire da sabato 23 febbraio 2019

Studio la Città ospita la personale dell’americana Tracey Snelling dove, accanto alla grande installazione: Tenement Rising, già esposta con successo nel- la mostra No place like home, l’artista propone una serie di opere “sociologiche”, ricreando su scala ridotta, ambienti ed edi ci provenienti dalla sua esperienza personale, al limite del voyeuri- smo.

Attraverso l’uso della scultura, il video e l’installazione, Tracey Snelling fornisce la sua personale impressione di un luogo, delle persone che lo abitano e della sua esperienza. Spesso, l’immagine fotogra ca inserita all’interno delle sue opere, si distingue dalla vita reale che si svolge all’interno degli edi ci generando un senso di mistero.

Il lavoro dell’artista, che spesso trae ispirazione dai film noir, vuole creare un senso di curiosità: chi ci vive? Che cosa stanno facendo le persone all’interno delle abitazioni? Queste domande trasportano l’osservatore nel regno della narrazione. Utilizzando i video, gli audio e i modellini in scala, l’artista non cerca di replicare un luogo, piuttosto cerca di indagare l’ambiente stesso permettendo, a chi osserva, di estrapolare dall’opera il proprio intimo e personale significato.

Sono degli spaccati sociologici quelli della Snelling, che ricrea nelle sue sculture a parete, situazioni a volte paradossali, altre di denuncia (molto spesso della situazione non paritaria delle donne), sem- pre sullo sfondo di un’ambientazione familiare per l’artista: in MIS Döner Kebap è rappresentata la strada dove Tracey viveva a Kreuzberg, un quartiere di Berlino, in Green Bar invece, altra opera presente in mostra, la location non è reale ma, piuttosto, una ricostruzione tratta da ricordi mixati as- sieme dei tipici locali della capitale tedesca, frequentati dall’artista. Accanto a queste, Rainy Night, opera originariamente creata per la mostra The Storytellers, tenutasi nel 2013 allo Stenerset Museet di Oslo, fa riferimento al poema As One in the Rain di Octavio Paz, proiettando stralci dell’omonimo film e, in particolare, le scene di nudo della modella, musa dello scrittore.

Tra i nuovi lavori esposti, merita un approfondimento l’opera titolata Serial Killer Room, Fantasy Mirror Room, Club: nella stanza riecheggia la voce di “Buffalo Bill”, tratta dal film Silence of the Lambs, da cui si evince come, anche i quartieri più chic possano essere abitati da un’umanità con molti scheletri nell’armadio. Qui infatti, i protagonisti di queste piccole architetture abitate (un serial killer e un predicatore cristiano misogino che non concede alle donne il diritto di parola durante le funzioni religiose), celano segreti inquietanti e narrano il disagio nascosto dal finto perbenismo borghese.

La mostra personale dell’artista cinese Pu Jie
La mostra personale dell’artista cinese Pu Jie

La mostra personale dell’artista cinese Pu Jie

L’artista, nato a Shanghai, lavora all’interno di una ex fabbrica di tabacco nella nota zona artistica di Mogashan Road, un tempo sede della galleria Shanghart che lo adibiva abitualmente a residenza per artisti sconosciuti, divenuti ora estremamente rinomati, come Ding Yi, Zhou Thiehai e Wang Xingwei.

Concentrandosi sul contesto urbano della sua città, e sul suo rapidissimo sviluppo urbano, Pu Jie riporta sulla tela le gravi implicazioni sociali causate dalla distruzione a tabula rasa di interi quartieri. Nella sua pratica artistica, egli utilizza frammenti di memoria collettiva congiuntamente al alcune esperienze personali, per narrare attraverso le sue opere, il “modo di esistere” contemporaneo dei suoi connazionali, all’ombra del recente passato della Cina. I suoi dipinti di grandi dimensioni, sono domanati da intesi colori monocromatici e riportano immagini cariche di erotismo, propaganda politica e antichi miti. La composizione non è regolata dalla classica prospettiva centrale e i soggetti principali dei suoi acrilici sono in realtà posti ad un livello inferiore, quasi a formare uno sfondo leggero per le gure in primo piano, solitamente dipinte con contorni forti e segni decisi.

Questa giustapposizione di narrazioni e ricordi apparentemente contrastanti è il tema centrale dell’opera di Pu Jie che riporta nella sua ricerca, un’intima dualità personale, espressione della dicotomia di un’intera generazione: Pu Jie fin dalla tenera età, fu educato secondo gli ideali della rivoluzione proletaria, per apprendere e seguire, negli anni universitari, la visione cinese dell’economia di mercato. Il fatto che abbia vissuto personalmente in due epoche così diverse lo ha portato a sperimentare sulla sua pelle il paradosso della super potenza asiatica: la mia mano sinistra racchiude il passato, la destra il presente.

Da questo pensiero scaturisce la tecnica di sovrapposizione delle immagini, che l’artista de nisce del “doppio angolo visivo”, una pratica che trae origine prima di tutto dalla sua esperienza di vita, piuttosto che dalla ricerca di una caratteristica stilistica originale. In Pu Jie lo scopo ultimo dell’arte, è innanzitutto quello di aiutare l’artista a rivelare sé stesso e quindi porre lo spettatore nella posizione di intuire realtà più profonde, ma senza mai percepirle in modo diretto, suggerendo una ri essione sul usso di cambiamenti che si sono veri cati nella società cinese degli ultimi decenni.

Pu Jie è nato a Shanghai nel 1959.
L’artista si è laureato in Belle Arti alla Shanghai Normal University, nel 1986. Tra le sue importanti mostre recenti, sono da annoverare: Space-Time Reconstruction, Ausin Tung Gallery, Hong Kong (2012); Memory and Witness, Museum at Tamada Projets, Tokyo (2009); Look Ahead, Look Back-, Today Art Museum, Beijing (2009); Red Hot-Asian Art Today from the Chaney Family Collection, The Museum of Fine Arts, Houston, U.S.A. (2007); Mahjong-Contemporary Chinese Art from the Sigg Collection, Kunstmuseum Bern, Berna (2005), City of London Festival, Royal Exchange, Londra (2003), The Dream of the City by the Sea, Museum für Hamburgische Geschichte, Amburgo (2003).

Periodo espositivo delle 3 mostre:
23 febbraio > Aprile 2019
Opening: sabato 23 febbraio ore 11:30

Sede:
Studio la Città, Lungadige Galtarossa 21, 37133 Verona

Orari: da martedì a sabato, dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:00.

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