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Spettacolo tratto dal romanzo omonimo Jezabel al Teatro Nuovo

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Spettacolo tratto dal romanzo omonimo del 1936 della scrittrice ucraina Irène Némirovsky (1903-1942) morta nel campo di concentramento di Auschwitz.

Ne è protagonista Elena Ghiaurov con la regia di Paolo Valerio. L’adattamento del testo è di Francesco Niccolini. La produzione è del Teatro Stabile di Verona e del Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale.

La vicenda inizia nell’aula di tribunale in cui Gladys, la protagonista, è sul banco degli imputati accusata dell’omicidio del suo giovane amante ventenne. Viene cosi ripercorsa la storia tormentata e romantica della vita di una donna bellissima che cerca a tutti i costi di nascondere la verità sull’accaduto. «Allontaniamo subito un legittimo dubbio: se qualcuno pensa – sottolinea Francesco Niccolini – che Irène Némirovsky abbia scritto un romanzo contro una donna, sta prendendo un clamoroso abbaglio. Il suo è un processo a una società, a una classe sociale e a un’epoca ormai al tramonto. Peggio: in decomposizione. Lo fa con lucidità e determinazione, senza sconti eppure con un eccezionale mix di sorprendente lucidità e laicissima compassione. Questa è la forza magnifica, visionaria e profetica di Jezabel.

l teatro può rendere un importante servizio a questa grande scrittrice russo-ebrea, fuggita da Mosca a Parigi dopo la Rivoluzione d’ottobre e morta ad Auschwitz. Perché, quanto il romanzo è impregnato di un cupo realismo, lo spettacolo permette di spostare il tiro sugli aspetti più intimi, sensuali e introspettivi di questa vicenda. Questo grazie a una delle componenti fondamentali del romanzo: il ballo.

Jezabel, da quando diciottenne appare per la prima volta a una festa danzante, fino all’epilogo (quando di anni ne ha sessanta), non smette mai di ballare. Sudamericana, bella, attraente, è dotata di una misteriosa capacità di non invecchiare. Adorata da ogni uomo, corteggiatissima, Jezabel non può non sedurre. Elegante, ricchissima, mai volgare, naturalmente generosa, è devastata da una catastrofe interiore: è ossessionata dall’invecchiare. Questo incubo la divora e – conclude Niccolini – trasforma ogni attimo di felicità in rimpianto e la gioia dell’attimo in terrore verso il futuro, per la paura di non essere più amata né corteggiata».

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